l’officiel homme | il senso del sartoriale |
october 2016

IL SENSO DEL SARTORIALE

Per Hirofumi Kurino, Nick Wooster, Thom Widdett-Luke Sweeney e Alessandro Roja è l’unica garanzia di eleganza

Adesso che il significato di maschile è stato aggiornato, che ai due generi se ne sono aggiunti altri e che la moda maschile proclama il gender neutral, quale futuro ha il sartoriale maschile, un insieme di codici e regole provenienti dall’abbigliamento militare che ne definiscono l’essenza da quattro secoli? E come possono convivere tecnologia, democratizzazione della moda e icone di stile digitali con l’idea di esclusività e lusso dell’abbigliamento tailor made e rendere interessante il sartoriale agli occhi dei millennials?
A fare chiarezza ci aiutano quattro esperti in materia molto diversi tra loro per nazionalità e formazione che hanno messo al centro della loro professione il sartoriale maschile: Hirofumi Kurino fondatore e direttore creativo del department store giapponese United Arrows che dal 1989 coniuga estetica giapponese e influenze occidentali, Nick Wooster americano, buyer, merchandising director, esperto di moda maschile, Instagram celebrity e dal 2014 responsabile di un progetto sartoriale per il brand italiano Lardini,  Thom Widdett e Luke Sweeney che nel 2007 hanno fondato Thom Sweeney, sartoria che ha trasportato la tradizione di Savile Row nell’era digitale e Alessandro Roja giovane attore italiano interprete dell’agente del pool Di Pietro Rocco Venturi nella fortunata serie 1992, appassionato cultore e consumatore di prodotti sartoriali, consigliere di stile per passione e amicizia della neonata Sartoria Giuliva, alla ricerca di una rilettura contemporanea della tradizione del bel vestire.

Secondo Alessandro Roja “il nuovo stile sartoriale italiano è saggio e futuristicamente conservativo. Le nuove sartorie adattano la tradizione all’oggi modificando il taglio di una spalla, allargando un rever, scegliendo fantasie inaspettate, foderando la giacca con tessuti vintage”. Una tendenza non solo nazionale, confermata da Widdett e Sweeney: “la nostra modernità è nella silhouette e nei dettagli. Il giromanica spostato verso l’alto dà forma al movimento della giacca e permette di avere una manica slim, la gamba del pantalone è affusolata. Anche la lunghezza della giacca, dei pantaloni e la larghezza del rever fanno la differenza”.
Per Nick Wooster a innescare il cambiamento è stato il designer americano Thom Browne che dieci anni fa “ha completamente rivoluzionato il modo di indossare l’abito stravolgendo venti anni di tradizione sartoriale con tessuti pesanti, spalle e petto costruiti e rigidi, giacche e pantaloni accorciati. Ha reso indossare l’abito nuovamente cool”. Questo interesse globalmente condiviso per l’adattamento della tradizione sartoriale al presente “riflette la necessità di una riscoperta di quanto l’uomo produce con le sue mani. In Giappone le nuove generazioni sono interessate a lavorare nell’agricoltura, nella cucina e nell’artigianato. È un anitidoto al fast fashion, al fast food e alla velocità della vita” sostiene Hirofumi Kurino.

Tutto torna ma rimane da capire come e perchè un giovane cresciuto a suon di T-shirt a 3.99 euro e di marchi indossati da popstar, youtuber e public figure debba decidere di entrare in un negozio che visto dall’esterno non ha un approccio propriamente friendly per acquistare I I capi di un brand che non ha alle spalle la potenza di fuoco della comunicazione delle multinazionali del lusso. “Il sartoriale è una scelta” – spiega Wooster. “Hollywood e la Silycon Valley hanno cambiato i codici dell’abbigliamento al lavoro. Dall’abito si è passati a un atteggiamento casual, di assoluta libertà di stile e con l’unico obbiettivo del comfort. Ma sempre più uomini sono consapevoli di quanto un aspetto curato sia una componente significativa del successo professionale. Per questo sono pronti a investire in un guardaroba i cui pezzi essenziali sono ancora gli stessi dagli anni ‘50: giacca blu, abito grigio in flanella, impermeabile, pea coat, camicia Oxford button down, Levi’s 501, mocassino Alden, scarpa a coda di rondine. Costruirsi uno stile attorno a questi classici elementi essenziali ti mette a tuo agio e ti rende unico”. La tesi è confermata dal giovane Roja, trentottenne, parte del sistema celebrity/cinema nazionale: “abituato a indossare i panni di altri come attore, ho attentamente ponderato quale stile appartenesse alla mia personalità e nel mare di input che mi arrivavano dall’esterno il sartoriale era l’unico a soddisfare i miei appetiti estetici, il mio gusto e la mia curiosità grazie al fascino suscitato dai vari processi che necessita la creazione di un capo su misura. Quindi, battendo una sorta di timidezza e rispetto nei confronti del sartoriale, della bottega, del sarto e di uno stile più adulto nel vestire, sono entrato in una sartoria”.
E proprio per abbattere le remore del primo approccio che i giovani sarti Widdett e Sweeney su twitter definiscono il loro brand come una coinvolgente nuova visione nel mondo del sartoriale. “Cerchiamo di mantenere un approccio semplice nonostante un prodotto alto ed esclusivo. Desideriamo che l’esperienza della clientela sia semplice e diretta, non vogliamo che nessuno si senta intimidito dall’entrare nel nostro negozio”.
Tra i motivi del crescente interesse tra i giovani consumatori al modo di vestire dei loro nonni non va trascurata una naturale reazione alla realtà virtuale di cui si nutre la generazione digital native. Per Kurino, esperto nel prevedere i corsi e i ricordi della moda, “tutto è veloce, prodotto in serie e orientato al mercato. Al contrario il processo sartoriale richiede tempo, l’uso delle mani, una comunicazione reale tra sarto e clientela; il prodotto che ne deriva è unico e personale, fatto su di te e per te. Sono fattori che hanno un grande appeal tra i giovani esposti alla superficialità e alla velocità di molti altri prodotti”.
Occorre aggiungere, come sottolinea Widdett, che la diffusione dello stile sartoriale tra i giovani “è legata alla nuova generazione di apprendisti sarti di talento. Il ricambio generazionale porterà nuove idee, spingerà il tailoring a evolversi e ne favorirà l’espansione”.

E quali sono i marchi che incarnano il sartoriale contemporaneo? Per Alessandro Roja “in Italia sono due, Sartoria Giuliva e Sciamàt. La prima è una nuova realtà fortemente legata alla tradizione sartoriale napoletana di cui ne reinterpreta le regole con spensieratezza insolita tanto che il giulivismo è diventato uno stile preciso – un approccio e un modo di vestire dal quale sono stato travolto e che ho sposato grazie a Gerardo Cavaliere e Vittorio d’Agostino, i due giovani e brillanti fondatori di Sartoria Giuliva. La seconda esiste invece dal 2002. Fondata da Valentino Ricci coniuga il concetto di sartoria e tailoring al pret-à porter: oltre al classico servizio di custom made Sciamàt produce abiti in taglie prestabilite cuciti a mano secondo le ferree regole del sartoriale italiano che vende online e in negozi scelti”.
“In Giappone – spiega Kurino – la nuova generazione sartoriale è rappresentata da COL. Fondato nel 1981 a Kobe è guidato oggi da Yasuhiro Kano il quale coniugare la tradizione del tailoring giapponese con quella italiana e inglese usando tessuti di alta qualità e tessuti vintage”.  Secondo Thom Widdett a Londra “Savile Row è ancora dominato dalle vecchie case della tradizione ma vedremo presto crescere nuove piccole realtà di talento. Mi piacciono Anderson & Sheppard per avere esteso l’idea sartoriale agli accessori ai quali hanno dedicato un nuovo negozio aperto abbastanza di recente e Drakes per le sue cravatte made in London con tessuti italiani in fantasie esclusive ”. Diverso è il panorama sartoriale americano dove l’innovazione è al primo posto. Qui, secondo Wooster, le realtà che stanno definendo la nuova estetica maschile sono tre ” Thom Browne perché è completamente all’avanguardia e assolutamente innovativo. È riuscito a creare uno stile identitario in poco tempo usando semplici segni riconoscitivi come il nastro di gros grain rosso, bianco e blu. È il genio indiscusso di questa generazione. Thomas Finney, ex assistente di Thom Browne, questa estate ha lanciato una collezione fatta a mano in Giappone che incarna un approccio internazionale al sartoriale attraverso lo sguardo di un giovane designer. Sid Mashburn un commerciante old school che gira il mondo alla ricerca dei migliori prodotti sartoriali che riunisce sotto la sua etichetta e vende nei suoi negozi. Il prodotto, fatto a mano in Inghilterra con tessuti italiani e giapponesi, ha un prezzo competitivo accessibile anche a una clientela giovane”.